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Il Giardino dei Sogni - BOSCH (Gianfranco Angioni)

Gianfranco Angioni

05/08/2021

IL SOGNO DI BOSCH
"…mi trovo tra case che stanno vicine, strette tra loro, fatte così dagli uomini, fatte vicine per proteggerle dal male, dai diavoli se di notte vengono a cercare, stanno sprangate porte e finestre per proteggersi stanno vicine come fanno persone e animali quando dormono, per proteggersi dai pericoli perché col buio dei demoni si aggirano in gran numero per ghermire prede indifese, io sono qui che cammino per stretti vicoli, ne seguo la pendenza è tutto in ripida discesa questo borgo e più scendo più è oscuro, scendo e sento miasmi e più scendo e più li sento, putrescenti di uova marce di zolfo, di carogne e muffe dell’umido senza sole, nulla s’asciuga là in fondo e più scendo più è scuro, il nero è più nero, è la sola realtà che contiene tutto e i colori assorbe, sento tutto viscoso, anche i pensieri, tutto si sovrappone come i ricordi, non li distinguo più, è solo istinto bestiale che mi muove, nessun pensiero né la ragione , ho perso la luce lassù, straripa violenza dal mio essere, mi perde Dio, è lontana la luce là in alto qui tutto è oscuro, ancora più stretta è la via e non posso tornare, ho timore e non so perché, avverto pericoli inaspettati, ignoti demoni si aggirano nell'aria, stanno vicine le case, ma poco proteggono, stanno vicine e tanto basta, ma finiscono queste case e trovo spiazzi ora notturni ora cerulei, ma non è l'alba, in uno slargo lontane montagne fanno da cornice con improbabili tramonti che s’intravvedono nel cielo incombente, ora spesso ora cupo, là si agitano esseri su barche volanti con vele latine, uomini sopra, vivi o anime chissà, anche grandi pesci voraci, volano barche nel cielo e i pesci hanno pinne e anche ali, ali di drago e denti a lame di coltello aguzzi fuoriescono da grandi bocche grandi e tengono l'uomo metà dentro, un riverbero origina ombre dense, pare provenga dal suolo o dall'alto o da dietro strana questa luce che non illumina ma è lì, la devi cercare e se la trovi vedi anche nugoli di corpi, sono i più strani mai visti, si apre la scena, ora si esprime una sfera quasi trasparente, una placenta malata, quasi, la terra è a metà, quasi, come un cappello da prete, quasi, il cielo ha nubi incessanti, è incerta la visione, si inseguono rapide luci nel buio e rapide cessano, dalle finestre trapelano dardi di luce e una lama di ferro perfora due orecchie, nel guscio d'uovo sta un uccello vorace con due zampe villose, sbrana il povero, una gamba gli esce dalla bocca, Adamo ed Eva stanno in posa per la foto ricordo, si tengono ancora per mano, sotto la tempesta nel cielo ora verde, lampi di fuoco inseguono le navi volanti, a terra la giraffa dal tozzo collo di cinghiale beve alla fonte, è rossa di sangue l'acqua, un rivolo rosso rubino cola da sotto i piedi di uomini che danzano legati, catene li imprigionano e loro guardano il cielo senza speranza, un antico balivo arrogante ha un naso d’elefante che gli cresce dal grugno ghignante, beve Negroni un maestro d’asilo quando schiere di bimbi cantano in coro cantilene stordenti, l'organo erutta fiori di cardi spinosi, la nave è un cigno reale che vola alto, la vela si dispiega nella notte dove una luna non c'è, ma mille lune fanno le fasi mentre stelle della Via Lattea esplodono in sequenza, c'è una torre alta sulla collina, la disegna il controluce, ci volano uccelli attorno, in cima non c’è una clessidra, non c'è ancora la morte avvolta dal suo mantello con la sua falce pronta, solo antenne là sopra attorno alla torre danzano uomini con la testa attaccata al culo, li guarda la donna che a loro parla, è vicina la donna e il piatto porge, - Auguri e buona sera - cantano i corvi banchettando sull'asfalto, salutando il coniglio schiacciato - Viva gli sposi oggi è festa - ma non è mai festa, intanto vaga lo sguardo su chi lascivo attende qualcuno, calamita il mondo il sesso e attrae, ha la volpe la coda di bue, parla all’uomo con la stampella al ginocchio, donne in fila vestite con corta rossa gonna che appare da sotto a neri mantelli, alti i tacchi e la gogna imprigiona chi già non potrebbe fuggire, corrono cani senza padrone e si fermano ad odorare angoli di alberi, le case iniziano ancora e trovo lì chi è fuggito al sole, scende la strada, c'è una casa alta è inclinata con le finestre aperte, un vento forte le chiude, ma si riaprono con forte rumore che ancora assorda, pende la casa, pende la strada e scende e chi ha tradito là puoi trovarlo, e anche chi segue il ratto con la gualdrappa rossa che porta il dono, ecco uccelli con la testa di fauno, sagittari azzoppati senza un braccio e l'arco non scocca, scende la strada sempre più stretta, non senti odore di cibo passando tra le case, solo tanfo stantio di vergogna ti prende alla gola, al respiro mozzo si mischiano i sentimenti e cresce l’ansia, non ho nessuno a cui stare vicino, sono solo e tu sola e temo, l’angoscia dell’ignoto mi prende, nella notte di paura è andata la luna e il sole non torna, quel cielo rosso, in cima alla torre incompleta vedo salire sulla scala un uomo nudo, ha gambe e terga blu e lo accompagnano altri uomini chini e verdi di bile, altri uomini col culo blu, stanno in cima, il cielo rosso là in fondo esplode e scompare nel buio pesto, passano uccelli che tengono nel becco uomini trafitti da un dardo, poi li trascinano nella polvere verso una palude, ci sono uomini e donne con ira si mordono si percuotono, alcuni emergono dalla fetida acqua grigia altri ce ne sono là in basso, ne sento tanti che anche stando là sotto si fanno del male e la palude ribolle in un lago di sangue, bolle quel sangue e tutto cuoce, altri laggiù camminano con le spalle di fuori e guardano al futuro e hanno il capo ritorto all’indietro, giocano a dadi due avidi vegliardi sdentati, si giocano la propria fortuna che sa di fiele, urla sguaiate accompagnano il lancio dei cubi truccati quando lontano divampano incendi e scoppi di grandi torri di castelli, passa la morte che cavalca un cavallo macilento che ha ossa sporgenti, ha consumato tutta la sua carne, non ti fa crescere, la morte ti porta via, ci sono cani là intorno che cercano qualcosa, annusano cercando da mangiare, si porta via tutto la morte, anche la speranza, nello scuro cielo volano navi fatte di pesci e uccelli, il rostro porta via la carne, solo chi è sotto è felice, canta la vecchia megera una canzone d'amore, dalle sue fauci il suono esplode in bolle, erutta suoni blasfemi e nenie di morte, laida sorride ammiccante con la storta bocca sdentata, astuta cerca conforto in giovani braccia morte per lei, invidia le increspa i capelli e il grosso seno rugoso, è cattiva e odia il mondo che le mostra il peggio e non va sotto terra, ah... è la vita stessa, con falsi regali, blandisce tutti, ma di tutti vuole il male, l'aspettano deiezioni animali, non l’accoglie la terra quando la spada di un demone le mozza la testa ghignante e la manda a mostrare a tutti orgogliosa la testa mozzata e canta parole orrende di antiche esoteriche lingue, segue la strega il ritmo di ossessive atonalità con balli osceni sulle sue piagate gambe sciancate, lordi piedi schiacciano la polvere al suolo i piedi callosi con nere unghie rapaci, si tiene la veste sopra le ginocchia ossute e sporche, canta vecchia canta che per te l'ora verrà..."


©2021 Gianfranco Angioni
www.gianfrancoangioni.com
angionigf@hotmail.com



IL GIARDINO DELLE DELIZIE TERRENE (BOSCH)

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